Quando, al Congresso di Vilamoura del 2006, la Federazione Internazionale ha assegnato alla tedesca Garmisch Partenkirchen l’organizzazione dei Campionati Mondiali del 2011 preferendola all’austriaca Schladming, si è saldato un debito con la storia, visto che la rassegna iridata mancava dal 1978 in quella località della Baviera che deve essere considerato uno dei templi sacri dello sci alpino. Garmisch-Partenkirchen è una cittadina di 30 mila abitanti circa, situata presso il confine austriaco sulla linea ferroviaria Monaco-Innsbruck, 32 km a Nord Ovest di Innsbruck. Diventò città nel 1935 con l’unione amministrativa dei due nuclei storici situati a poca distanza l’uno dall’altro, il primo (Garmisch) a 698 metri di quota e il secondo (Partenkirchen) a 716 metri, ai piedi della catena dello Zugspitze. È la più frequentata stazione sciistica della Germania, sede di un famoso osservatorio ornitologico e di celebri sorgenti idrotermali. Ma ovviamente queste note potranno bastare per un bigino di scuola media, certamente non per noi dello sci. Garmisch Partenkirchen è nella storia del nostro sport, fa parte del Gotha delle località europee in cui l’agonismo e lo sviluppo dello sci alpino hanno lasciato le tracce più profonde e che ancora mantengono viva con la loro presenza nel Grande Sci la continuità della tradizione. È un tempio, come Kitzbühel, come Wengen, come quei posti delle Alpi dove lo sci da discesa ha radici profondissime. E forse ancora di più, per le ragioni che diremo.
Lo Ski Club Garmisch è stato fondato il 2 febbraio 1914 con il nome di Skiclub Wenderfels. È del 1919 la prima gara di discesa libera, riservata esclusivamente ai soci del club, dalla cima del Kreuzeck, la montagna che sovrasta il paese. Da allora si è chiamata così la pista che, pur con le molte variante intervenute nel tempo e perfezionate proprio in vista di questo grande appuntamento del 2011, è sempre rimasta il cuore del comprensorio sciistico di Garmisch. Un percorso che ha visto e vissuto proprio tutto della storia dello sci alpino, addirittura più della Streif e del Lauberhorn, che non hanno mai visto gare olimpiche o mondiali e tantomeno, nell’ epoca eroica, le competizioni del Kandahar, in concorrenza del quale, anzi, erano stati avviati il concorso dell’Hahnenkamm (Kitzbühel) e del Lauberhorn (Wengen). Nel 1936 la Kreuzeck ha ospitato per la prima volta le gare di sci alpino esordienti alle Olimpiadi accanto a quelle dello sci nordico nella 4a edizione dei Giochi Invernali ed ha assistito, nella discesa, alle vittorie norvegesi del portentoso Birger Ruud e della sorprendente Leila Nilsen Schou, capace di battere le favorite di casa, Christl Cranz e Kate Grasegger. Nel 1954 Garmisch e la sua pista sono entrate per la prima volta (con Mürren, St, Anton, Chamonix e Sestriere) nel ristretto club delle località ospitanti a turno il concorso dell’Arlberg Kandahar. Il concorso inventato da Sir Arnold Lunn e Hannes Schneider che è stato per quarant’anni il fulcro dello sci alpino agonistico sarebbe transitato per altre tre volte nella località bavarese: nel 1959, nel 1964, subito dopo le Olimpiadi di Insbruck, e nel 1970, quando Garmisch ha in pratica celebrato nella stessa occasione il funerale del vecchio Kandahar: discesa e slalom valgono già per la Coppa del Mondo, la condizioni meteo sono critiche, la discesa è rinviata, lo slalom non si fa. Lo stesso papà del Kandahar, Arnold Lunn è lì, ad 82 anni, e non si sogna di protestare: il primo a capire che l’epopea del suo storico concorso è finita e sa che è giusto così. A Garmisch, nel 1970, cala il sipario sull’Arlberg Kandahar e tutti i riflettori del Grande Sci si accendono definitivamente sulla Coppa del Mondo. Da quello storico anno Garmisch è rimasta stabilmente nel calendario della Coppa con gare maschili e femminili di discesa, slalom e, poi, superG. E il nome glorioso di Kandahar è rimasto appiccicato alla località e alla sua pista di discesa come a Sestriere (Banchetta-Kandahar), a Chamonix (Verte-Kandahar).
La Kreuzeck-Kandahar vive un altro appuntamento topico nel 1978 con i Campionati Mondiali: l’ austriaco Josef Walcher vince la discesa nei giorni in cui la grande Annemarie Pröll sposata Moser ritorna in pista a dettare la sua legge, sfolgora l’astro invincibile di Ingemar Stenmark ( doppietta d’oro in slalom e gigante) e si consumano gli ultimissimi bagliori della Valanga Azzurra con l’argento di Pierino Gros in slalom. Da allora solo Coppa, con i massimi protagonisti della discesa degli anni ’80 e ’90, su un percorso veloce, difficile, selettivo, spesso ghiacciato, con tratti sempre senza sole, costantemente in ombra, dove ad esempio il Kaiser Franz Klammer non riesce ad essere devastante come altrove e dove invece emerge quel botolo svizzero tutto «pelo» e coraggio che risponde al nome di Roland Collombin, «Colombe la bombe», il recordman di vittorie (tre) sulla Kreuzeck insieme al crazy canack Steve Podborski. Qui, non dimentichiamolo, il 23 febbraio 1997 è iniziata l’epopea di Hermann Maier, prima vittoria in Coppa davanti a Kristian Ghedina. Anche se si trattava di un super G è il caso di ricordarlo, e di aggiungere che Herminator ha onorato anche la discesa con un suo sigillo vittorioso, nel 2000.
33 anni dopo…
Nell’edizione del 1978, la allora Germania Occidentale (BRD) onorò il suo ruolo di padrona di casa con 5 medaglie, tra le quali l’oro di Maria Epple in gigante. Trentatre anni dopo la Germania tout court può essere ancora protagonista in casa sua grazie alle formidabili donne che sono cresciute in questi ultimi anni alle spalle della fuoriclasse Maria Riesch. Lindsey Vonn e Marlies Schild permettendo, il medagliere femminile potrebbe essere inflazionato dalla presenza dominante delle valchirie tedesche. In campo maschile, invece, i responsi della Coppa finora non hanno consegnato un leader particolarmente scatenato, a cominciare dal grigio detentore Carlo Janka. Fatte salve le solite possibili sorprese delle gare di un giorno, i pronostici sono aperti per i «soliti noti».
Gli italiani si presentano a Garmisch con qualche speranza e poche certezze. La nuova pista degli uomini dovrebbe piacere sia al tris di velocisti (Innerhofer, Heel, Fill) che ai gigantisti (Blardone e Simoncelli). Giuliano Razzoli ha la possibilità di bissare l’oro olimpico come è riuscito a pochissimi nella storia (Stenmark tra quelli). In campo femminile siamo appesi alla grinta di Manuela Mölgg, alla sorprendente nuova giovinezza di Dada Merighetti, e al talento giovane e ancora incompiuto di Federica Brignone. Ripetere e far meglio di due anni fa in Val d’Isère sarà difficile ma non impossibile.III
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