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Max Carca, direttore tecnico delle squadre maschili: “Pronti a partire!”

Un’ultima domanda: Max, questo è il tuo lavoro, ma dopo tanti anni riesci ancora a divertirti?
«Mi diverto quando sono in pista, mi divertono le gare, mi divertono i dettagli e il confronto con gli altri tecnici. Se non si è ancora capito, non vedo l’ora che inizi la Coppa!».

Partiamo insolitamente dal fondo con la lunga chiacchierata fatta con Massimo Carca, direttore tecnico delle squadre maschili di sci alpino, perché il tono della voce è lo specchio fedele di una passione che si rivela sempre la miglior arma di combattimento. Parliamo di sport, ovviamente, di alto agonismo e dunque, di tante sfide che raccolgono non poche responsabilità. L’imminente Coppa del Mondo, certo, ma quando ci sono i Mondiali, come in questa stagione a Saalbach e quando le Olimpiadi non sono così lontane, tensioni e pressioni aumentano a dismisura. 

Luca De Aliprandini

Ora riavvolgiamo il nastro e torniamo a Ushuaia…
È andata bene, ho visto cose positive. Mi sono trattenuto più a Ushuaia in questo giro e coi ragazzi abbiamo cercato di mantenere sempre la doppia disciplina: gigante-slalom, gigante-superG o slalom-superG, e sempre con una buona collaborazione con le altre squadre.

Ecco, l’unica pecca, tanta gente. Troppa! Dal 22 agosto per una decina di giorni si è lavorato alla perfezione, poi, coi primi di settembre le piste si sono riempite! Per fortuna noi e i francesi, grazie ad accordi di lunga data, abbiamo sempre la priorità. Poter scegliere le piste anche nei confronti di Nazioni blasonate è una gran cosa, ma a volte sembrava di essere su un ghiacciaio e questo ha un po’ limitato la possibilità di variare i tracciati, come avrei voluto. 

Prima di partire per Ushuaia, liberi tutti?
La tecnica di base l’avevamo impostata ad aprire con tre blocchi di lavoro tra Livigno e Val Gardena, con annessi test materiali. L’estate l’abbiamo focalizzata più sulla parte atletica con una programmazione curata tra le 8 e le 12 settimane. Quando hai atleti che vanno dai 22 ai 38 anni non è possibile uniformare. Sulla neve è stato fatto poi un lavoro personalizzato per chi necessitava di perfezionare ulteriormente l’attrezzatura, specie gli scarponi. 

C’è chi ha bisogno di tenerli addosso un po’ di più, per evitare di rimanere troppo tempo senza. Per le discipline tecniche abbiamo anche fatto qualche puntatina in skidome per mettere i piedi sul duro. Questo ci ha permesso di partire con un allenamento giù abbastanza specifico arrivati a Ushuaia.

Mantenere la doppia disciplina ha favorito il confronto con atleti di altre squadre. Capitavi in slalom con Meillard, Strasser, Kristoffersen in gigante e in superG con Odermatt… Mancavano solo i norvegesi che hanno scelto la Nuova Zelanda e gli americani che erano stati qui un po’ prima. 

Siamo allineati?
Qualcuno sì, non tutti. Ma è un bene perché se c’è troppa uniformità significa che vanno tutti piano! Meglio se qualcuno si distingue. E ti ripeto, non lo nascondo, non vedo l’ora che inizi la stagione.

Per avere subito una reale verifica se siamo riusciti a colmare il gap?
Uno la può leggere come vuole. Io mi baso coi numeri. È qualche stagione che fatichiamo nelle tecniche. L’anno scorso soprattutto in slalom. In gigante abbiamo sbagliato tanto peccando di continuità, ma qualche picco lo abbiamo avuto. Per questo abbiamo lavorato tanto nel portare a termine la manche senza badare troppo all’errore. In particolare, abbiamo insistito sulla media pendenza, poiché dalle nostre analisi è risultato che proprio in queste situazioni abbiamo pagato di più. E poi, come detto, tanta diversificazione. 

Hai capito se Alex Vinatzer è più slalomista o gigantista?
L’anno scorso avevamo insistito tanto sul gigante. Quest’anno diciamo 50 e 50. Ha lavorato molto sul set-up. Sai, lui è un atleta fisicamente grande, alto, potente. Non te ne rendi conto in tv. Atleti coi suoi cavalli ce ne sono davvero pochi. 95 chili ce li hanno più i discesisti!

Non un lavoro facile perché a volte rischi di prendere qualche cantonata ma siamo convinti che con quella potenza e le sue leve lunghe non possa avere lo stesso set-up di Schwarz o Feller, ovvero chi ha il suo stesso materiale. Dieci chili in meno e una sciata differente. Ora aspettiamo con una certa impazienza. A me non piace mai esprimermi sulle aspettative dei nostri, se sono più o meno veloci, ma questa volta mi sbilancio: specie in gigante Alex non è lento!

In slalom?
Ha più margine quando la neve è molto dura e il terreno liscio. Con tutta quella potenza è normale subire qualche rimbalzo il che ti fa perdere qualche centimetro a inizio curva. Su neve soft e nel segno ha trovato invece, un bello standard. Abbiamo comunque ancora un po’ di tempo per lavorare e smussare gli angoli. 

Li sta smussando anche Pippo Della Vite?
L’anno scorso ha sbagliato tantissimo. Ha portato a casa tre gare su dieci. Con lui abbiamo fatto tanto slalom sia perché è ancora giovane e siamo convinti possa esprimersi bene in futuro anche tra i rapid gates. Ma soprattutto perché lo slalom ti mette ordine senza il quale nel cambio di ritmo esci.

Anche lui poi si è dedicato al superG: in velocità c’è una migliore gestione del proprio corpo. Pippo non è per niente supergigantista, ma usare ogni tanto gli sci lunghi, consente di alzare il livello di sicurezza e giro dopo giro, di avere i piedi più pesanti! (Poi sappiamo che pochi giorni fa si è fratturato il pollice…)

Giovanni Franzoni lo vedremo di più in gigante o in superG?
L’obiettivo suo, come prima disciplina, è il superG. A seguire discesa e gigante. Ha seguito, quindi, un programma estivo molto simile a quello di Domme. Partiranno, dunque, assieme con la Coppa del Mondo di velocità. Hanno entrambi lavorato due settimane a Ushuaia nelle discipline tecniche e due a La Parva nelle prove veloci. Per Giò si è trattato di una novità: non era mai stato in Cile e non aveva mai lavorato coi discesisti. 

E com’è andata?
Siamo soddisfatti. Sta finalmente bene fisicamente. L’anno scorso si è tirato dietro i soliti problemi alla parte lombare della schiena. Dopo l’intervento e la conseguente riabilitazione ha saltato spesso giorni di allenamento. Per questo, quando lavorava era sovraccaricato cedendo un po’. Quest’anno invece, ha potuto dedicarsi alla preparazione col fisico in piena salute.

In gigante, obiettivo che per lui rimane un obiettivo a medio lungo termine, si è avvicinato molto ai più veloci. Ha una sciata ancora troppo rotonda, ma ha ancora 22 anni e possiamo insistere. In superG è ben messo. Confrontato anche con gli stranieri, in allenamento ha dimostrato di possedere uno standard medio-alto. Anche lui è migliorato molto sul medio-facile mentre prima riusciva a sciare bene solo sul tecnico-difficile. Lo abbiamo messo a fianco a Domme anche per imparare proprio in queste situazioni. Ne è nata una bellissima sfida ben accettata anche dal nostro gigante. Chi ha pagato il caffè? Siamo 50 e 50!

Lo vedremo anche in discesa dunque?
Per essere la prima volta a La Parva, ha fatto vedere cose interessanti. E il confronto coi compagni offre riscontri realistici perché i nostri velocisti, dalla scorsa stagione, sono cresciuti molto. Non c’è più il gap che esisteva prima. È lì con loro, dunque il superG rimane la sua priorità, mentre in discesa potrà giocarsi il posto con gli altri. In gigante partirà con gare di seconda fascia tra Nor-Am e Coppa Europa anche se deve migliorare il ranking. Per ora niente porte larghe in Coppa del Mondo. 

Domme tornerà Domme, con continuità di risultati?
L’ho visto migliorato molto in superG. Anche lui ha lavorato molto sul set up con la sua ditta (Nordica) che sta investendo tanto. Sai con Manni dietro… Gli sci nuovi mi sembra funzionino molto bene. È carico e ha voglia di lasciare il segno in questi due prossimi anni. Ha patito solo un problemino di sovraccarico durante l’estate lavorando a secco, ma sciando non ha riscontrato troppi problemi. 

Benjamin Alliod è pronto o è ancora troppo giovane per aspettarci risultati importanti?
Lo abbiamo inserito nel gruppo l’anno scorso anche se oggettivamente erra ancora troppo acerbo, ma ha già portato a casa buoni risultati. Mai in top 30 ma notevoli prestazioni ottenute su piste che non aveva mai visto. Grazie ai risultati ottenuti in Coppa Europa a Natale era già a posto coi punti Fis per partire nei primi 50 in Coppa del Mondo.

Purtroppo, ha dovuto fare i conti con la mononucleosi perdendo metà stagione. Se l’anno scorso in estate era partito a mille, atteggiamento tipico dei piò giovani, in questo giro se l’è presa un po’ più con calma. Ha capito che se tira troppo in condizioni di alta quota a metà del lavoro rischi di essere già bollito. Benji è molto bravo tecnicamente perché arriva dal gigante e dallo slalom e lo vedo bene in prospettiva.

In generale, anche se abbiamo meno giovani rispetto alle discipline tecniche, che fanno velocità, riusciamo a emergere di più. Mi arrivano buone notizie anche dai Giovani di Prosch: ha in mano ragazzi che prometto buone cose. Non nego, invece, che in slalom e in gigante con le seconde linee siamo un pochino più indietro.

Non abbiamo ancora il livello dei top ten in Coppa Europa, ma sono certo che miglioreremo presto. In slalom è entrato nel team tecnico Christian Deville, cui facevo il filo da tempo. E con Blardo più sul gigante non possiamo che migliorare. Andrea Truddaiu ormai i ragazzi li conosce bene e dopo tanto lavoro può iniziare a raccogliere buoni frutti.

Speriamo, perché abbiamo proprio bisogno di atleti che salgano. Quest’estate li ho incrociati per un breve periodo e a sensazione mi sembra sia aumentata la consapevolezza del loro potenziale. Cronometro a parte, sciano più in fiducia e questo è un inequivocabile segnale che lo staff tecnico sta lavorando bene. 

La Concorrenza poi è inesorabile…
Il fatto è che nel nostro sport, se arrivi quarto non hai fatto niente! Ne sono pienamente consapevole, ma ripeto, non vedo l’ora che inizino le gare. C’è anche una difficoltà oggettiva: nelle discipline tecniche abbiamo atleti ormai di una certa età ed altri molto giovani. Nel mezzo c’è poco perché ci siamo persi una generazione, per vari motivi, non ultimi gli infortuni. Nella B ci sono diversi atleti che sciavano con Della Vite e Franzoni ma non sono riusciti ancora a salire.

E questo negli allenamenti qualche scompenso lo provoca perché non puoi tracciare per tutti allo stesso modo. C’è chi ha bisogno di sciare meno, chi di più. Chi necessita di esercizi specifici in una direzione piuttosto che in un’altra. Esigenze differenti insomma. Prendiamo ad esempio Luca De Aliprandini. Ormai la sua sciata è quella, dunque può migliorare concentrandosi sui particolari e sul materiale. Quest’estate, con un lavoro personalizzato, ha diminuito un po’ il tempo sulla neve, ma quelli che ha utilizzato li ha sfruttati meglio, cioè con maggiore qualità. È tornato a sciare bene sul medio-facile e a usare i due piedi.

Sta troppo sull’esterno?
È Lo sci più importante ma non si può essere veloci sciando solo sull’esterno. Ormai tutti i primi 10 al mondo, dallo slalom alla discesa, usano bene i due piedi e con una buona indipendenza riescono a sfruttare bene la pendenza avendo meno angolo sotto al piede. Guarda la Shiffrin, guarda la Fede… Detto questo, non è che queste valutazioni le facciamo soltanto noi, quindi, non resta che lavorare e lottare. E in questo noi non ci tiriamo di certo indietro.

Quest’anno più Coppa del Mondo o più Mondiali?
Per la federazione, per me, il Mondiale è l’appuntamento dell’anno, vuoi anche solo per la visibilità e il riscontro che solo una medaglia ti sa dare. La Coppa è esaltante soprattutto nel mese di gennaio e in alcune tappe. Sono in giro da oltre vent’anni, ma l’emozione che ho provato l’anno scorso quando Domme ha vinto in Gardena poche volte l’ho provata. Forse a Kitz in qualche occasione. Gente che ci raggiungeva in albergo con le lacrime.

Lo stesso proprietario dell’hotel che stappava bottiglie per tutti. Insomma, ci sono gare che fanno parte della storia dello sci e che rimangono sempre obiettivi principali, però il Mondiale rimane fondamentale. Saalbach sarà anche un banco di prova in virtù delle Olimpiadi 2026 anche se la discesa austriaca è completamente diversa da quella di Bormio.

Il gigante, invece presenta tanta media pendenza come da noi. Non a caso ti ho detto che abbiamo lavorato su questo tipo di situazioni. Per intenderci, ci giocheremo le medaglie dei Mondiali e delle Olimpiadi su due piste da gigante che poco hanno a che fare con la Gran Risa!

Quindi sei già proiettato a Milano-Cortina…
Assolutamente, la programmazione per l’appuntamento olimpico è già iniziata con l’individualizzazione, anche se da un anno all’altro qualcosa può cambiare. La porta rimane sempre aperta ma in linea di massima sai chi devi portare da Saalbach a Bormio. Quest’anno, più di altre occasioni, ho parlato chiaro ai ragazzi e anche con un certo anticipo.

Per andare ai Mondiali occorre avere un’asticella alta. Bisogna sfruttare al massimo ogni occasione perché le gare, da qui a Saalbach, non sono tante: 5 superG, 6 discese, 6 giganti sempre se non salterà qualche appuntamento. E da qua a Bormio poco più del doppio. Le gare son quelle dunque non ce n’è, bisogna schiacciare il chiodo, punto!

Lo schiaccerà anche Hirscher… Ti diverte il suo ritorno?
La sua presenza regalerà molta attenzione a livello mediatico, non ci sono dubbi. E lo sci che rispetto ad altri sport rimane sempre un po’ statico, ne ha bisogno. Una vittoria di Kristoffersen (stessi sponsor) non potrà mai avere la stessa risonanza di un Hirscher in top 5. Dunque, rispetto assoluto per questo grande campione e non solo per quello che ha vinto. Tuttavia, dal punto di vista tecnico, sono personalmente più interessato al rientro di Braathen! 

Ma come li vedi in classifica?
Sinceramente Hirscher non lo vedo all’opera da un pezzo. L’anno scorso ha avuto occasione di fare qualche giro a Reiteralm assieme a Vinatzer ed era un po’ indietro. Quest’estate in Nuova Zelanda ha combinato ben poco perché non c’erano le condizioni, ma non sembrava così veloce. Ma Hirscher è Hirscher! A Sölden avrà la wild card ma non si sa ancora sde partirà. Braathen, invece, dalle informazioni che mi arrivano, lento non è, ma non si è mai fermato. 

Marco Odermatt, invece, vincerà ancora la Coppa a mani basse?
A mani basse non lo so ma è indubbio che non abbia molti competitor. Anche per sua stessa ammissione chi può dargli fastidio abita nella sua stessa squadra, ovvero Loic Meillard. Se Marco ha diviso l’estate tra Ushuaia e Portillo, Loic ha scelto il periodo lungo in Argentina.

Lo abbiamo ovviamente visto all’opera ma non ha spinto troppo. Almeno, rispetto all’anno scorso quando era sempre nettamente davanti a tutti. In questo giro era meno accelerato ma comunque sempre molto solido. D’altra parte, in allenamento puoi fare ogni tanto una sparata per capire qual è il tuo limite attuale, ma è più importante concludere le manche, mettere pali e chilometri nelle gambe e cercare la massima sicurezza. È in gara che devi sparare tutte le cartucce che hai. 

In casa nostra da chi ti aspetti di più?
Non c’è bisogno di mettere pressione. I ragazzi ce l’hanno già consapevolmente a sufficienza.  Sulla carta tutte le nostre punte hanno le carte in regola per fare bene. La vittoria non può essere ordinata o ottenuta a comando. Il primo che pretende da sé stesso più di quello che ha fatto sinora è senza dubbio Vinatzer.  E le caratteristiche per riuscirci le ha eccome.

Ho molta fiducia nella squadra di velocità. A La Parva abbiamo trovato condizioni eccezionali come forse una sola volta, a mia memoria, avevamo incontrato. L’attenzione che hanno messo in gigante dovrebbe portare a maggiori risultati in superG. Il confronto con austriaci e tedeschi lo abbiamo retto molto bene, seconde linee comprese. Ho visto fare uno step a Pietro Zazzi e a Nicolò Molteni, specie in condizioni dove prima non erano così performanti. 

Ti aspettavi l’exploit dell’anno scorso di Gugu Bosca? Dirlo adesso è troppo semplice. Ha una sensibilità nei piedi non comune. Già l’anno precedente mi aveva impressionato in alcuni settori di gare. Ricordo bene alle finali di Andorra: la neve si era scaldata e nessuno riusciva a fare il tempo.

Poi è sceso lui e in alcuni tratti sembrava fosse su un’altra pista! Diciamo che è riuscito a prendere consapevolezza del suo potenziale ed è venuto fuori alla grande. E il secondo posto di Garmisch non è casuale. Non possiamo dimenticare l’infortunio che ha avuto in passato e che non gli consentiva di spingere davvero fino in fondo l’acceleratore. Ora è tutta un’altra storia! Ora da lui ci aspettiamo una crescita in discesa. A Kitz, partendo col 40 e in condizioni di scarsa visibilità, ha fatto vedere di che pasta è fatto. 

Tornando alle discipline tecniche, se hai un posto a disposizione in gigante porti Kastlunger o Sala?
In questo momento devono concentrarsi entrambi sullo slalom. Continueranno ad allenarsi tra le porte larghe per il discorso della multilateralità, ma non è questo il momento per mettere in cantiere altri progetti. Devono fare risultati lì dove sono. 

Quindi non li vedremo a Sölden…
Abbiamo sei posti e il sesto è Simon Talacci. Ragazzo molto interessante. Avevo insistito molto, nel 2020, perché andasse ai Mondiali Junior in un periodo in cui non si allenava nemmeno col Comitato, ma con il suo coach Corrado Castoldi. Conquistò l’argento in discesa.

Da lì è entrato di filata in squadra. È un gran lavoratore, ragazzo molto serio, una cosiddetta brava persona. Anzi, se ha un difetto nell’ambito dell’alto livello, è un po’ troppo buono! Sta crescendo e deve fare esperienza. A volte è un po’ testone: non capisce che quando si è stanchi bisogna anche un po’ fermarsi. Con Blardone, l’anno scorso in Coppa Europa, ha ottenuto il massimo cui potesse ambire. Non è riuscito per un pelo a fare il posto fisso, ma tecnicamente è cresciuto molto.

Ora bisogna avere un po’ di pazienza perché gli scalini non si superano di continuo in automatico. Per questo motivo non farà solo la Coppa del Mondo. Poi, magari, va subito come un treno, ma la decisone presa è quella di tenere aperti i due calendari. 

In slalom sono solo in quattro!
Come dicevo prima, con tale scelta abbiamo voluto lanciare un messaggio ben chiaro: per stare in squadra A occorre un certo livello. Lo staff tecnico deve dare il massimo supporto solo a coloro che hanno una reale possibilità di far bene, anche in virtù degli imminenti Mondiali e a seguire delle Olimpiadi.

Chi non ha oggettivamente ancora nelle corde l’obiettivo di una top 10 ha necessità di lavoro differenti. Mi spiego meglio: è inutile spendere del tempo per lavorare sul set up se la tecnica e la tattica sono ancora indietro. Si rallenta sia il lavoro dei top che quello di chi deve crescere. Lo dico con una certa consapevolezza perché questa strada l’abbiamo provata ma non ha dato i frutti sperati. 

Quindi, chi non ha ancora certi numeri può contare su un lavoro più specifico lavorando con il gruppo di Truddaiu, Blardone e Deville.

L’ultima: che cosa puoi raccontare di nuovo a Innerhofer e a Gross…
Accidenti, hai ragione, li conosco da quando hanno fatto la loro prima gara di Coppa del Mondo! Pensa, ricordo ancora di aver tracciato la prima manche quando Gross aveva ottenuto la sua prima qualifica! Inner uguale, ero a Levi nel 2006 quando debuttò in Coppa ed era quindi uno slalom (Giorgio Rocca fu terzo!), non una discesa! Cosa gli racconto? 

Gli ricordo quali siano stati i loro punti di forza, cerco di sdrammatizzare quando le cose non vanno per il verso giusto. Atleti del loro livello e del loro spessore non possono gareggiare senza avere l’obiettivo massimo di vincere. Guai se non fosse così. Secondo me è il focus principale dev’essere quello di conquistare la top ten.

Posso dire che si stanno impegnando come sempre al massimo, non meno di chi ha ancora un’intera carriera davanti. La loro presenza è importante anche per questo, perché il loro esempio per i giovani vale un tesoro! Detto questo sono ancora della partita perché se lo meritano. E ci rimarranno fintanto le classifiche nazionali li vedranno davanti agli altri. 

Per concludere, il Carca di oggi è il Carca dei primi anni?
L’esperienza è una buona consigliera. Ho capito che può essere più fruttuoso confrontarsi maggiormente con altri allenatori, piuttosto che con gli atleti. Mi sono reso conto, che a volterischio di essere un po’ ingombrante. Ho cambiato un po’ il mio approccio anche se, inevitabilmente, quando sono in pista, qualche parola di troppo mi scappa (detto col sorriso)! Per il resto vivo una sfida sempre nuova e mi piace mettermi a disposizione di coloro che ci credono! Max Carca direttore tecnico Max Carca direttore tecnico Max Carca direttore tecnico Max Carca direttore tecnico Max Carca direttore tecnico Max Carca direttore tecnico Max Carca direttore tecnico

About the author

Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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