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Mauro Sbardelotto, la storia, i successi, la passione!

Mauro Sbardelotto, la storia, i successi, la passione!
Mauro Sbardelotto (con una sola elle, come abbiamo da poco scoperto) è uno skiman, uno di quegli uomini che passano la maggior parte del loro tempo chini su un banchetto a lavorare su lamine e solette.

Spesso in un garage o in container piazzati a bordo pista o su piazzali adibiti a parcheggi. Come a Val d’Isère, dove Sbarde (così lo chiamano tutti) aveva la sua skiroom targata Rossignol al fianco di quella Salomon. Dove Gianluca Petrulli lavorava sugli sci di Marta Bassino.

È qui che, alla vigilia delle gare francesi, sono andata a trovarlo dopo una bella passeggiata dal centro del paese a La Daille assieme alla sua atleta (nonché mia figlia) Federica Brignone.

Le pareti sono tappezzate di sci, da discesa, superG, gigante e pure slalom. Attorno al banchetto ci sono casse piene di materiale, tutto è perfettamente in ordine e non mi stupisco. Fra le regole non scritte di uno skiman c’è proprio quella di tenere il proprio «ufficio» pulitissimo, con tutti gli attrezzi ben riposti e a portata di mano.

Sbarde non è uno skiman qualunque. Non è il più anziano del Circo Bianco (Heinz Haemmerle, uomo Head, ex della Vonn ora con Ryan Cochran-Siegle, è di sei anni più vecchio come età e di sette come carriera. Ma è senza dubbio fra i più esperti e più vincenti.

Burbero a prima vista, è poco incline alla risata ma simpatico come pochi, con quella sua ironia mai banale, i pensieri acuti e la rara capacità di inquadrare persone e situazioni in un battibaleno.

Quando è in vena e si lascia andare è uno spettacolo, i soprannomi che dà alle atlete sono irripetibili, i suoi racconti sui pettegolezzi da skiroom lasciano a bocca aperta.

«Dovresti scrivere un libro, ma sai poi quanti matrimoni salterebbero e quante querele ti arriverebbero?».

Ok, per ora lasciamo perdere, raccontami invece in breve la tua carriera.
Ho cominciato con la Fisi nel 1988 e fra i miei atleti il più bravo era Richard Pramotton. Nel 1992 sono passato alle donne e per due stagioni ho fatto gli sci a Isolde Kostner.

Dal 1994, quando Deborah Compagnoni si è staccata dalla squadra e ha cominciato ad allenarsi da sola, sono stato assunto dal gruppo Rossignol (lei sciava Dynastar) e le ho fatto gli sci fino alla fine della sua carriera, nel 1999. Negli anni successivi ho lavorato con Daniela Ceccarelli, le due sorelle Fanchini e infine Federica Brignone, che seguo dal 2013.La prima grande vittoria?
Con Isolde, in discesa, nel gennaio 1994 a Garmisch, il giorno in cui morì la povera Ulrike Maier. Una gara che non avrebbero nemmeno dovuto fare. Poco dopo arrivarono anche le prime medaglie, di bronzo, vinte da Isolde all’Olimpiade di Lillehammer, in discesa e superG.

Hai sempre avuto una predilezione per le gare veloci, perché?
Perché in quelle il nostro lavoro conta di più ed è più valorizzato, puoi davvero aiutare l’atleta, puoi fare la differenza. Devi capire i vari modelli, farli girare, devi saper valutare suole e impronte, scioline, il finish… In slalom si gioca di più sul set up.

Dagli anni Novanta ad oggi sono cambiate tante cose?
Tantissime, soprattutto le sciancrature e le suole, meno le strutture, ma un po’ anche quelle. Sono cambiati i prodotti per preparare gli sci, dalle scioline alle macchinette, che allora non esistevano nemmeno.

Io le uso per gli sci da gigante e slalom, mentre quelli da discesa e superG li faccio a mano. Dipende un po’ dall’atleta, alcuni skimen fan tutto a mano, altri tutto a macchinetta.

Guardandomi attorno direi che sono cambiate anche le quantità di sci che un atleta ha a disposizione.
Ah bé, lì proprio non c’è storia. Il «parco macchine» della Fede è davvero ben nutrito, anche perché lei fa tutte le discipline.

A casa ho 90 paia di sci, in giro poi ne portiamo 45, con anche qualche paio da discesa vecchio di 2-3 anni, che può sempre venire buono.  

Ma chi decide gli sci da usare in gara?
Decidiamo assieme e chi ha i piedi sensibili rende tutto più facile. La Fede è come Deborah, se le sposti anche una minima cosa lo capisce subito, certe atlete invece non sentono nemmeno se cambi radicalmente il set up!

Quali sono i parametri su cui basare la scelta, sensazioni dell’atleta a parte?
Se parliamo di gare veloci già alla vigilia sai cosa aspettarti, se poi all’improvviso cambiano le condizioni ci si fa trovare pronti e in ogni caso l’ultimo ritocco agli sci si fa alla mattina.

Ovviamente seguiamo con cura le previsioni meteo, poi ci sono i responsabili delle varie aziende di scioline e prodotti che passano ogni giorno: devi stare attento a non farti convincere, perché tutti spingono sempre quello che costa di più, quindi lì entra in gioco anche l’esperienza. Io dopo 30 anni so cosa devo prendere e non mi faccio abbindolare!

Cosa ti piace del lavoro da skiman?
Ah, se non hai passione hai già smesso, e questa passione deve valere per tutti gli aspetti del nostro lavoro, che può essere molto duro, specie se hai un’atleta che fa tutte le discipline.

Sei sempre in giro, come una trottola, non hai mai un giorno di riposo e ci vuole anche il fisico. Davide mi dà una mano, si collabora anche con gli altri, ma spesso carico e scarico decine e decine di sci da solo. Ne vale la pena però, per arrivare all’atto finale, la gara.

Il momento in cui sei in partenza dietro al cancelletto e sale l’adrenalina, perché sei lì di fianco all’atleta, l’ultima persona che le parla prima del via. 

Mi dicono però che tu le gare non le guardi mai!
No, mai in diretta, a parte gli slalom! Alla Fede do il via e poi me ne vado, lontano da tutti. Per sapere come va ascolto la radio o guardo il live sul telefono. Però poi la riguardo sempre alla sera. 

E il rito di infilarle la neve nel collo?
Me l’ha chiesto lei, ma non riesco mai a dosarla bene, oggi è partito un blocco e ho dovuto toglierlo! (Fede scoppia a ridere ricordando l’episodio).

Avete davvero un bel rapporto voi due.
E per forza! Fra skiman e atleta deve instaurarsi un buon feeling, se no lavori male ed è inutile andare avanti. Vale per entrambi. 

Hai anche avuto un ruolo importante per la sua carriera da velocista, cominciata abbastanza tardi.
È vero, l’ho sempre incoraggiata perché capivo che era brava. (Fede chiede se può intervenire. Come no, vai pure: a Bansko, nel 2015, avevo il numero 50 e in partenza del superG c’era un po’ di tensione, si parlava di buche, di condizioni di pista difficili.

Sbarde assieme a Davide Brignone

Sbarde con tutta calma mi ha detto: la pista è bellissima, vai, tira che fai un garone. Sapendo che è sincero, che se le condizioni sono brutte non fa come molti finta di niente, gli ho creduto e ho fatto davvero un garone, la mia prima top 15. Da quel giorno non hanno più potuto dirmi che ero solo gigantista!

Lo skiman può anche avere un ruolo tecnico?
Ogni tanto qualcosa le dico, Fede me lo chiede. Io faccio il mio lavoro, ma certe cose le vedo, quindi do consigli quando val la pena farlo, ad esempio se c’è qualcosa in pista che non va lo faccio presente, non val la pena andare a rischiare per niente. 

Cosa ne pensi del piccolo team Brignone che in estate ha lavorato autonomamente?
Abbiamo lavorato bene, però manca qualcosa e non trovo giusto che lei debba pagarsi l’allenatore (Davide, suo fratello), tutte le sue spese e i viaggi.
A volte addirittura albergo e skipass per se stessa. Gli atleti più forti devono essere sereni di testa per rendere di più, non capisco perché non si faccia di tutto per questo obiettivo e ultimamente per Fede è stato fatto davvero molto poco.

Fede e Sbarde con la Coppa del Mondo

Fra gli skimen c’è rivalità?
Quella giusta, ma c’è anche amicizia. Io ho buoni rapporti con tutti, con Babi (Barnaba Greppi, lo skiman di Sofia Goggia, ndr) sono amico da trenta e passa anni. Fra noi ci scambiamo informazioni, ma ognuno poi fa il suo lavoro e le sue scelte anche in base all’atleta che ha.

I giovani skimen ti chiedono consigli?
Meno che in passato. Tanti giovani pensano di sapere già tutto, ma ce n’è uno che mi sembra bravo, sul lavoro e come persona. È Christoph Atz, skiman delle sorelle Delago.
In generale comunque tutti gli italiani sono molto bravi, anche se da noi non c’è una scuola specifica per la formazione, come ad esempio in Austria, dove investono tanti soldi anche in questo campo. 

PyeongChang 2018, Mauro, insolitamente senza barba, con Davide Brignone e Ninna Quario

Mi spieghi la storia della elle di troppo?
Sono stati fatti errori all’anagrafe. Mio papà è veneto e nel suo comune di nascita, Mel in provincia di Belluno, è stato registrato come Sbardelotto, con una elle sola.

Quando poi si è trasferito in Valtellina, nel comune di Valdisotto, le elle sono diventate due, ma nessuno ci ha fatto caso e siamo diventati Sbardellotto. Ora siamo tornati all’origine e sui documenti abbiamo una elle. 

Tuo fratello Danilo (nella foto con Chicco Cotelli), discesista azzurro negli anni Ottanta (due podi in Coppa), resterà però per tutti Sbardellotto, con due elle. A proposito, tu che atleta sei stato?
Ho fatto gare anch’io, come Danilo ero un velocista, ma non un fenomeno, così a 20 anni ho iniziato a lavorare come skiman.Se dovessi scegliere fra tutte le grandi vittorie della tua carriera quali metteresti sul podio?
Te ne nomino due: la Coppa del Mondo generale di Fede e l’oro olimpico in gigante a Nagano 1998 di Deborah.

E la 17° vittoria che a St. Moritz ha segnato il sorpasso di Fede su Deborah come l’hai vissuta?
Male, nel senso che fino alla numero 35, Cornelia Huetter, me ne sono stato in un angolo da solo e ho respinto tutti i complimenti, perché avevo paura che la classifica cambiasse.


Il ricco bottino di Sbarde

4 Coppe del Mondo: classifica generale 2020 (Brignone), gigante 1997 (Compagnoni) e 2020 (Brignone), combinata 2020 (Brignone)

33 vittorie di tappa: 17 Federica Brignone, 11 Deborah Compagnoni, 2 a testa per Elena e Nadia Fanchini, 1 Isolde Kostner
6 medaglie olimpiche: oro GS 1998 (Compagnoni), oro SG 2002 (Ceccarelli), argento SL 1998 (Compagnoni), bronzo DH e SG 1994 (Isolde Kostner), bronzo GS 2018 (Brignone)

6 medaglie mondiali: oro GS 1996 (Compagnoni), oro GS e SL 1997 (Compagnoni), argento DH 2005 (Elena Fanchini), argento DH 2013 (Nadia Fanchini), bronzo DH 2009 (Nadia Fanchini). Mauro Sbardelotto la storia Mauro Sbardelotto la storia Mauro Sbardelotto la storia Mauro Sbardelotto la storia Mauro Sbardelotto la storia

About the author

Maria Rosa Quario

NINNA QUARIO È nota nel Circo Bianco per aver fatto parte della “Valanga Rosa” tra il ’78 e l’86. Milanese doc, da tempo si è trasferita a La Salle, in Valle d'Aosta. Ha conquistato 4 vittorie in Coppa del Mondo e un totale di 15 podi, tutti in slalom, oltre a una “bella” collezione di piazzamenti nelle gare a medaglia: 4° posto all’Olimpiade di Lake Placid 1980 (a 3/100 dal bronzo), 5° al Mondiale di Schladming 1982 (era in testa a metà gara) e 7° ancora ai Giochi, a Sarajevo 1984.
Dopo il ritiro dall’agonismo, nel 1986, si è dedicata al giornalismo e collabora con Sciare dal 1999.
Per la nostra rivista è stata a lungo la depositaria di tutto ciò che riguarda l’agonismo e ha seguito anche il programma test, in particolare i Test Junior. La sua lunga carriera giornalistica (ha collaborato anche con il quotidiano Il Giornale e con Infront Sports & Media seguendo da vicino quasi tutte le gare di Coppa del Mondo) si è interrotta nel 2022, quando ha deciso di cambiare vita per dedicarsi ad altre passioni.
Non ha però abbandonato del tutto la sua collaborazione con Sciare, per cui ora scrive in modo meno intenso e continuativo. E’ mamma di Federica Brignone, uno dei più grandi talenti della Squadra nazionale Italiana di sci alpino, e di Davide, suo allenatore dal 2017.