In Coppa del mondo quest’anno sta andando in onda una specie di serie TV, intitolata “Lucas Braathen e i poteri magici del collo bianco!”. Cosa significa? Presto detto:
A Lucas Braathen toglietegli tutto, ma non il suo scalda collo. Bianco, perché sia in tinta con la tutina da gara.
Ebbene sì, il talento norvegese è superstizioso. Ancor più di quanto è forte. Il suo lato brasiliano (da parte di mamma) esce così, quando gli chiedi se sa che con addosso quel pesante collo di pile perde parecchi centesimi ad ogni gara.
«Falso! Io ne guadagno! Perché senza collo non andrei altrettanto forte, anzi non partirei nemmeno». È convinto così e non c’è modo di dissuaderlo. Non glielo auguriamo di certo, ma forse se ne riparlerà quando perderà il primo podio o addirittura la prima gara per qualche centesimo.
Perché una cosa è certa. Sciando in quel modo leggero e naturale, con stabilità e dinamismo straordinari, Lucas su un podio ci salirà presto.
Nessuna fretta, è nato nel 2000 (il 19 aprile) e anche se è vero che alla sua età Hirscher, Kristoffersen e Pinturault avevano già provato la gioia di salire uno di quei tre magici gradini, è altrettanto vero che lui la Coppa la frequenta da pochissimo.
Escludendo lo slalom in programma oggi, sono 13 le gare in cui è partito. A parte sei in cui non ha visto il traguardo, nelle altre è sempre andato a punti. Per ben quattro volte, in tre discipline diverse, finendo nei primi otto.
Questa la sequenza: 5° nel gigante parallelo della Badia e 8° nel gigante del giorno prima; 6° nello slalom di Zagabria e nel gigante di Sölden. Poi è stato anche 13° nel gigante di ieri (ma con un errore madornale) e 15° tra le porte larghe di Beaver Creek.