C’è delusione, ma anche rassegnazione nel volto di Peter Fill che abbandona il parterre dopo la sua terza e ultima gara olimpica, forse l’ultima della carriera, visto che sarà difficile per lui arrivare a Pechino quarantenne… Tanto più con la novità di quel dolore al ginocchio che da Garmisch gli dà un po’ fastidio e gli impedisce di sciare con la necessaria scioltezza. C’è invece soprattutto rabbia nei passi veloci di Dominik Paris, che scappa da tutto e da tutti, non ha nessuna voglia di rispondere a domande per lui inutili e si limita a ripetere, in italiano e tedesco, che «su questa pista non si doveva sbagliare nulla, io invece l’ho fatto, peccato perché a questi Giochi non ero venuto per fare esperienza». Sottinteso: volevo una medaglia. Che non ha preso lui, non ha preso nessuno degli uomini jet azzurri che pure negli ultimi anni erano stati protagonisti assoluti in Coppa del Mondo. Ma per la terza volta consecutiva, dopo i Mondiali di Vail e St. Moritz, falliscono l’appuntamento con le medaglie. Le ultime infatti arrivarono a Sochi nel 2014 e a vincerle fu Christof Innerhofer, che qui è forse quello che se ne va più abbacchiato di tutti e pure con qualche dubbio. Va detto che Inner non è stato per niente fortunato con i numeri, soprattutto in discesa il 18 non gli ha dato nessuna chance di fare risultato, mentre ieri lo stesso 18 non era male, ma partire un po’ più avanti forse sarebbe stato meglio. A proposito di numeri, la scelta dell’1 da parte di Peter Fill (ha scelto per 8° e aveva a disposizione anche il 17 preso poi da Paris e il 19 toccato a Ferstl): «Pensavo di avere l’esperienza necessaria per gestire la situazione, ma non è stato così: ho fatto un errore e per recuperare il tempo perduto ne ho fatto un altro più grave finendo fuori. Ora mi spiace soprattutto per l’occasione mancata in discesa, stavo andando bene, ma anche lì ho sbagliato dove non dovevo e ho preso pure un po’ di vento… Ma pace, ormai è andata e posso solo voltare pagina e guardare avanti, alla giornata che passerò al villaggio olimpico prima di tornare in Italia e concentrarmi sule prossime gare di Coppa per chiudere bene la stagione».
La delusione dei jet Azzurri
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Marco Di Marco
Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).
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