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Il doppio “Axel” di Emiliano Lauzi, papà freestyler” con Milano-Cortina nel mirino!

Il doppio “Axel” di Emiliano Lauzi, papà freestyler” con Milano-Cortina nel mirino!
Emiliano Lauzi ha 28 anni milanese puro ma adottato fin da bambino dal Crammont Mont Blanc di Courmayeur. Era proprio in Valdigne (la parte alta della Valle d’Aosta) che papà Sergio e mamma Maria Clara andavano a godersi le vacanze di Natale. «Ma la passione per la montagna arriva da mamma. Lei la adora fin da ragazza quando con i suoi sci da scialpinismo girava il mondo per vivere escursioni da favola».

Come tanti bambini, Emi mette gli sci a quattro anni soprattutto nella lunga vacanza di Natale. Ma un bel giorno rimane colpito da quei ragazzini che gli sfrecciano di fianco con la tavola. E allora può una mamma appassionata di neve rimanere indifferente alla richiesta del suo piccolo di provare a salirci sopra? Figuriamoci, nel giro di poco bussa alla porta della scuola sci con la fortuna di trovarsi davanti a Mattia Piccardi, colui che avrà un ruolo fondamentale nella carriera di Emiliano. «In realtà anche mia mamma prende lezioni assieme a me, soltanto che dopo 4 o 5 incontri lei si stufa e ritorna ai suoi sci da salita, io invece…».

Emiliano fa ancora la quarta elementare e a nove anni si diverte come un pazzo. Per lui il week end era un sogno perché poteva rimettere i piedi su quella tavola sulla quale ogni giorno scopriva qualcosa di nuovo. È proprio questo entusiasmo che colpisce Mattia perché nota che quel bambino inserito nella classica collettiva, ne aveva più di tutti. Apprendeva la tecnica ma andava proprio alla ricerca di quello spirito d’avventura che poi sta alla base dello snowboard.

Per questo motivo apprende i fondamentali molto presto con una particolare abilità a gestire l’attrezzo anche in velocità. A quel punto scatta la proposta: «Maria Clara, credo che tuo figlio abbia del talento, io proverei a fargli fare qualche garetta».

Non si parla ancora di freestyle che peraltro nel 2003 in Italia era una specialità che coinvolgeva ancora pochissimi intimi, per cui le strade erano soprattutto due, o l’alpino o il boarder cross. Emiliano non era fatto per l’hard anche se a Courmayeur c’è tanto ripido per cui la tecnica di curva devi impararla per forza per stare in piedi.

Però lui ha sempre amato slidare a bordo pista, nel boschetti, in neve fresca sempre alla ricerca di ostacoli. È per questo che Mattia lo vedeva bene nel boarder. Così scatta l’iscrizione al Crammont dove oggi Piccardi è il direttore tecnico del team snowboard nato proprio in quell’anno, il 2003. Arriva il giorno della prima gara.

«I miei erano rimasti a casa anche perché non si trattava di chissà quale appuntamento agonistico. Solo che le cose si mettono male. Non è un cross ma un piccolo big air adeguato ai bambini di quell’età, dieci anni. È il mio turno, forse arrivo sul saltino troppo veloce, mi scompongo, atterro sbattendo la testa, perdo i sensi. Panico generale, meglio chiamare di corsa l’elicottero. La situazione rimane sempre sotto controllo, non ci sono pericoli particolari e gli esami riscontrano un trauma cervicale per fortuna non compromettente. Tanta paura ma subito in piedi».

Un bell’inizio, dai…!
Per fortuna che i Miei non erano al traguardo, perché non oso pensare a come avrebbero reagito!

Nonostante la botta ti permettono di proseguire…
Ma sì, è stato un caso, poteva capitare anche sugli sci, quando si fa sport ci sta… Continuo ma mi butto nello snowboard cross e vinco un bel filotto di gare. Insomma, Mattia ci aveva visto giusto! Particolare: mio papà mi aspetterà sempre al traguardo per almeno due o tre anni, diciamo fino a quando entro al Liceo.

Che fai a Milano…
Fino alla terza, perché al quarto anno, all’età di 15 anni, sfrutto l’occasione di poter frequentare la scuola all’estero. E qui c’è la vera svolta della mia carriera. Vado a Whistler Mountain, in Canada, come dire… il posto più bello del mondo! In Italia non esistono strutture del genere nemmeno adesso per cui per me era come essere in paradiso. Potevo far snowboard perché si trattava di una scuola sportiva e faccio amicizia con tanti ragazzi che come me amavano la tavola. Tra questi uno dei miei miti che incontrerò nella finale di Pechino, Darcy Shape.

Poi l’Eldorado finisce e..
E in estate torno a casa. Per poco però, perché raggiungo Les 2 Alpes ben nota ai freestyler quale Mecca estiva di vari raduni. Volevo solo divertirmi un po’ approfittando del park ma lì incontro la squadra giovanile di freestyle della neo nata Futur Fisi. Inizio a saltare e a divertirmi sulle strutture cercando di non interferire col lavoro della squadra ma a fine mattina il tecnico Azzurro Alessandro Benussi mi ferma e mi invita a provare con loro. Ricordo che c’era anche Giacomo Kratter, l’ultimo anno prima che passasse il testimone della prima squadra al fratello Filippo. Che emozione vederlo lì! Insomma, mi unisco al gruppo e le cose vanno così bene che scatta l’invito a entrare in squadra giovani. Alcuni di quei ragazzi sono in squadra con me oggi, come Emil Zulian.

Già avevi capito che quella era la tua strada?
Non era tutto così chiaro. Per me a quell’età era tutto un gioco, puro e sano divertimento. Non è che pensassi a una carriera, alla Coppa del Mondo, alle Olimpiadi… Infatti, mi ero iscritto all’Università Statale di Scienze e Politiche. Quando poi l’attività ha iniziato a intensificarsi mi sono trovato dinnanzi al bivio se continuare a studiare o fare l’atleta

Sappiamo com’Ë andata a finire…
Lo studio è sempre importante e interessante, ma diciamo che non era quello che volevo fare nella vita… Poi, sai, a 16 anni avevo vinto la mia prima Coppa Europa, successo che si ripeterà due anni più tardi. Mi era tutto molto chiaro!

Dalla squadra Giovani a quella di Coppa del Mondo Ë un bel… salto!
Un altro mondo, non si può nemmeno fare un paragone, perché il livello tecnico e le strutture sono nettamente differenti, il gap è pazzesco. Al punto che per affinare le manovre devi per forza sfruttare il «bag». L’ho provato sette anni fa per la prima volta in Giappone, poi è arrivato anche in Canada e in Austria che oggi è il punto di riferimento di quasi tutti gli europei. Purtroppo, in Italia non esiste. 

Vai meglio in slopestyle…
È la mia specialità, mi ha sempre divertito misurarmi su diverse strutture, contesto in cui riesco a esprimermi meglio. Lo dice anche il mio score: quarto nel 2018 a Seiser Alm! E poi il quinto posto a Pechino…

Portaci a quel giorno
Un’emozione indescrivibile perché anche se il livello in Coppa del Mondo è più alto dal momento che ci sono più del doppio degli atleti in gara, sei coinvolto da un’atmosfera tutta particolare. E anche da una certa tensione. Ti arriva proprio dentro il senso di poter vincere una medaglia, anche se è un azzardo troppo grande ipotizzarlo. Insomma, lo spirito olimpico esiste eccome! E poi mi sono trovato in mezzo ai miei miti di sempre anche se il mio percorso è stato diverso dal loro. Io ho iniziato tardi, oggi a 13, 14 anni sei già protagonista della scena. Comunque me la sono proprio goduta tutta con grande serenità.

Possibile? Nessuna pressione?
Posso dirti? No, nessuna pressione, ma questo è anche uno dei miei punti di forza.

Non patire la gara?
Esatto ed è un bel vantaggio, poiché una delle componenti che considerano i giudici nel freestyle si chiama Flow. È l’interpretazione del percorso, l’approccio alla gara, lo stile, la tranquillità, come ti muovi tra una struttura e l’altra, gli atterraggi. Puoi anche sporcare un po’ una manovra ma se hai un bel flow il punteggio sale. Ed io, ma forse non dovrei dirlo – penso di avere un buon controllo della tavola così gli atterraggi, quando li chiudo giusti, sono molto puliti, proprio perché quando scatta la competizione entro in modalità total relax. Credo che parte del merito sia anche di Andrea Belfrond, uno dei maestri con cui sono cresciuto assieme a Mattia. Se so condurre bene la tavola lo devo anche a lui. Se fosse ancora con noi ne sarebbe felice. Che dolore la sua scomparsa!

Lo slopestyle è più vario ma anche più difficile, no?
Forse mi piace proprio per questo. Hai più opzioni, puoi scegliere la linea, devi affidarti all’istinto, alla fantasia perché non hai tempo di ragionare, le strutture arrivano una dopo l’altra in un istante. 

Vuoi dire che cambi la tattica a Gara in corso?
Il disegno lo costruisci nei giorni di qualifica, pianifichi, studi e porti in gara il meglio che si adatta alle tue caratteristiche. L’improvvisazione in realtà scatta se per caso la manovra non entra come dovrebbe, un 180° in meno ad esempio. E allora per fare punti inserisci qualcosina in più nel resto del percorso. 

Ti misuri con atleti ben pù˘ giovani. L’età conta?
Conta eccome, non è come nell’alpino, vedi Fischnaller, dove hai i piedi per terra. Noi siamo sempre in volo. Magari io ho più forza ma un ventenne è sicuramente più agile e dinamico. Per ora mi sento ancora competitivo e andrò avanti fino a quando il fisico mi sorreggerà. Per fortuna grandi incidenti non ne ho mai avuti. Solo qualche distorsione, una lesione al menisco e bottarelle a destra e a sinistra. 

Quindi nel mirino c’è Milano-Cortina?
Oggi ti dico assolutamente sì, avrò 31 anni e mancano tre stagioni. Ci proviamo!

Sei cresciuto in fretta, sei già papà!
Di uno splendido bambino di nome Axel, proprio come la figura del pattinaggio artistico! Nola ed io ci siamo conosciuti a Milano, ma lei col mondo della neve non ha nulla a che fare. In realtà ho provato a metterla sulla tavola, ma poi è arrivato sto maledetto covid e si è fermato tutto. Con Axel poi è impossibile, ancora troppo piccolo. Tra un annetto proverò a vedere le sue reazioni con le prime uscite sulla neve. 

Come l’hanno presa i Tuoi, papà così giovane…
Mio padre quando prende in braccio Axel praticamente non connette più. Quando gli ho dato la notizia è sbiancato. Non tanto perché gli sembravo troppo giovane io per diventare padre, ma perché si sentiva troppo giovane lui per diventare nonno! Alla fine è successo il contrario, perché quando lo vedi giocare con Axel sembra un ragazzino!

Alle gare ti seguono tutti in famiglia?
Magari quando Axel sarà un po’ più grandicello. Quest’anno poi non farò tutto il circuito di Coppa del Mondo. In questa fase preferisco dedicarmi alla famiglia, non voglio perdermi la gioia di vedere questa fase di crescita di mio figlio. Ho intenzione anche di allargare un po’ le mie esperienze e andrò in giro per fare qualche video di alta qualità. Poi Nola lavora nel ristorante-pizzeria dei suoi. Si chiama «Quei Due».

Sareste voi due?
Quei due sono i suoi bisnonni. È un locale storico.

Ora ci sono anche altri ´Quei due”: tu e Ian! 
Hai visto che roba? 16 anni e già sul podio di Coppa del Mondo. Quel ragazzo è un fenomeno!


Ian Matteoli ha 17 anni e appartiene alla squadra di Coppa Europa. Il tecnico Azzurro di riferimento, Jacopo Thomain, gli ha fatto il regalo di convocarlo per la gara di Copper Mountain. Stava andando bene ed era giunta l’occasione di iniziare ad alzare l’asticella e metterlo a tu per tu con il massimo livello. Beh, la risposta è stata sorprendente dal momento che si è ritrovato sul podio a fianco di campioni già affermati come il norvegese Markus Kleveland e lo statunitense Chris Corning.

Eppure Ian Matteoli ha smentito ogni credibile previsione e il motivo può essere uno solo: il ragazzo ha un talento mostruoso, un predestinato, un… ok fermiamoci qui. Inutile far finta di non sapere che tale sport è ben noto negli Stati Uniti e in quei pochi paesi dove il freestyle ha trovato un minimo di notorietà, ma l’Italia se n’è accorta quando Emiliano Lauzi a Pechino ha «spaccato» conquistando quell’incredibile quinto posto o per i successi di Silvia Bertagna, bravissima ma unica atleta che da sola non può creare un movimento.

L’impresa di Ian passerà alla storia di questo giovane sport, non ci sono dubbi. Ma se si scopre chi questo diavoletto si capiscono tante cose. Ian è figlio di Andrea, detto Matiu, che dal 1989 al 1996 ha collezionato 17 podi in Coppa del Mondo ma nell’alpino. Quando Ian è nato il 30 dicembre 2005 già lo vedeva su una tavola a slidare a più non posso.

Ed è quello che è successo, perché già a 10 e 11 anni faceva parte di alcuni dei team più fighi del freestyle. Per questo ha già girato il mondo, tra America, Nuova Zelanda e ovviamente Europa, sempre nello zaino di papà Andrea.

Quando per i suoi meriti è stato inserito in squadra nel 2019 nella squadra B di Coppa Europa, Jacopo Thomain si era subito accorto che quel ragazzo ne aveva eccome. Metterlo a fianco di «papà» Lauzi, poi ha reso le cose molto più facili perché è sicuramente scattato un certo istinto di protezione verso un ragazzino che poteva anche bruciarsi. Il fuoco c’è stato ma ha preso una strada totalmente diversa.

Ian ha preso le misure nel primo salto e nel secondo ha costruito il suo capolavoro che ha fatto letteralmente strabuzzare gli occhi all’intero entourage di Coppa, perché nel massimo circuito Ian non si era mai visto prima. Un gesto atletico premiato con premiato con 94,75 punti. Nessuno era riuscito a fare meglio fino a quel momento.

Poi nella terza run Marcus Kleveland ha inserito la modalità «Ti faccio vedere io» e con un 91 netto si è preso la vittoria. Bravissimo anche Emiliano che ha chiuso al quinto posto, la sua seconda migliore performance. Ma sicuramente la storia non finirà qui! Il doppio “Axel” di Emiliano Lauzi Il doppio “Axel” di Emiliano Lauzi Il doppio “Axel” di Emiliano Lauzi Il doppio “Axel” di Emiliano Lauzi

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Marco Di Marco

Nasce a Milano tre anni addietro il primo numero di Sciare (1 dicembre 1966). A sette anni il padre Massimo (fondatore di Sciare) lo porta a vedere i Campionati Italiani di sci alpino. C’era tutta la Valanga Azzurra. Torna a casa e decide che non c’è niente di più bello dello sci. A 14 anni fa il fattorino per la redazione, a 16 si occupa di una rubrica dedicata agli adesivi, a 19 entra in redazione, a 21 fa lo slalom tra l’attrezzatura e la Coppa del Mondo. Nel 1987 inventa la Guida Tecnica all’Acquisto, nel 1988 la rivista OnBoard di snowboard. Nel 1997 crea il sito www.sciaremag.it, nel 1998 assieme a Giulio Rossi dà vita alla Fis Carving Cup. Dopo 8 Mondiali e 5 Olimpiadi, nel 2001 diventa Direttore della Rivista, ruolo che riveste anche oggi. Il Collegio dei maestri di sci del Veneto lo ha nominato Maestro di Sci ad Honorem (ottobre ’23).

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