Ho sempre pensato di avere avuto parecchia fortuna nel trasformare una delle mie passioni nel mio lavoro. Poter vivere a contatto con grandi campioni, accompagnarli da vicino per un periodo, se non per tutta la carriera, passando dalle gare FIS arrivando alla Coppa del Mondo, ai Mondiali o addirittura alle Olimpiadi e poter pensare di aver contribuito in piccola parte ai loro successi… Ricordo ancora il giorno in cui Staudi si avvicinò al mio banco da lavoro mentre stavo preparando un paio di sci head: «Posso provarli?» Eravamo a Kvijtfiell, in Norvegia, era il 2002. Gliene diedi un paio e dopo quattro curve… «Li voglio!». È sempre stato un suo desiderio, perché fin dalle primissime gare, da bambino, non voleva mai separarsene. Insomma, voleva tornare a usarli. Lì è cominciato il nostro rapporto di lavoro che poi è sfociato in amicizia. La stagione successiva Staudi inanellò una serie di cadute terribili, da Lake Louise alla Val Gardena e Bormio. Sembrava che qualcuno si divertisse a fargli lo sgambetto! Un giorno presi coraggio e gli dissi: «Tanti grandi campioni hanno preso delle botte pazzesche, sono convinto che se resisti farai grandi cose!». ne sono certa, in quel momento mi avrebbe tirato volentieri uno sci in testa! Ma siamo arrivati ad Are nel 2007 e quella mattina, che non dimenticherò mai, riuscì a compiere un’impresa incredibile… la medaglia d’oro! L’anno prima, sulla stessa pista, alle finali di Coppa, non riuscì a entrare nei 15,: aveva preso tutti i dossi al contrario! Eppure mi confidò che quella pista gli piaceva un sacco. Beh,… si è visto! Staudi non è un atleta che si presenta spesso in skiroom, tra di noi bastano pochi sguardi per capire tutto. Le chiacchierate più grandi le facciamo in automobile, durante gli spostamenti. Si parla di tutto, molto di sci, ovvio. C’è stato un periodo in cui saliva in macchina, accendeva la sua playstation, si metteva le cuffiette e non proferiva parola fin quando non si arrivava a destinazione! Copì che la situazione non era così antipatica e non ha più acceso la console. Staudi è un atleta molto sensibile, tra di noi c’è l’accordo che se sente qualcosa di strano sugli sci me lo dice subito e cerchiamo di capire. Spesso provo nuove soluzioni senza dirgli niente, ma mi becca sempre! Gli sci per lui devono essere facili, non vuole sentire vincoli sotto i piedi. Ed è sempre molto lucido nelle analisi. Non trova scuse e non fa scarica barile. La sua forza è quella di tirare sempre fuori quel qualcosa in più negli appuntamenti che contano: alle Olimpiadi del 2002 a Salt Lake, non aveva nemmeno un piazzamento nei 30, ma concluse settimo in combinata con il secondo tempo in discesa a pochi centesimi da Aamodt! A Torino 2006 in discesa arrivò nono a poco più di 3 decimi dal bronzo di Kernen e a Vancouver a 9 centesimi dal bronzo e a 11 dall’argento in superG. Dopo la disastrosa gara di discesa mi aveva promesso una medaglia in superG e ci è andato vicinissimo. Lo sci è uno sport strano, a volte gira tutto e sei veloce, in altre non funziona niente e ti sembra di avere la colla sotto i piedi. Sono convinto che finora ha raccolto molto meno di quello che vale, ma per mia fortuna ha firmato per altri 4 anni e, se saremo accompagnati da un po’ di fortuna potremo riprovarci a Sochi nel 2014!
STAUDACHER & HEAD
Discesa libera
GLI SCI
WORLDCUP DH
Raggio 46 mt.
Misura 2,16 metri discesa
Durezza 65 Newton (zona centrale)
In allenamento stessa lunghezza
SuperG
WORLDCUP SG
Raggio 34 mt.
Misura 2,13 metri
Durezza 60 Newton (zona centrale)
In allenamento sci da 2,10 metri
GLI SCARPONI
Raptor 150 RD
Flex index 150
Leve 4 in alluminio microregolabili racing
Misura 31,0
Canting scafo esterno: 0,5° gambetto a 0°
GLI ATTACCHI
Freeflex RS X
Durezza puntale e talloniera: 19 su 20 in discesa e 18 su 20 in superG.
In allenamento 18 su 20 in discesa e 17 su 20 in superG
CHI E’ THOMAS TUTI
Thomas Tuti, 39 anni di Bolzano, maestro di sci, allenatore e un passato anche da atleta. è skiman dal ‘92 e con Head lavora dal ‘98. Ha iniziato questo lavoro accettando una proposta di Carlo Bertagna, tra i più esperti del settore. Cercavano un serviceman per la Squadra B maschile, e da lì, una semplice passione è diventata un lavoro.
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