A mente fredda ci si può chiedere, senza l’impeto dell’euforia, come abbia fatto Federica Brignone a tirare giù una manche del genere in quelle condizioni. Vero è che probabilmente Gut-Behrami, Shiffrin e Vlhova le hanno avute anche peggiori, soprattutto le folate di vento nella zona centrale, ma quella di Fede rimane una discesa incredibile.
Ci sta il coraggio e pure la voglia di recuperare il forte distacco accumulato nella prima run che l’ha fatta arrabbiare di brutto, ma possibile non esista una spiegazione più scientifica?
Sì, esiste nella teoria che la stessa Brignone prova a spiegare:
“Può essere successo anche questo. Da piccola non vedevo un tubo. Solo che non me ne rendevo conto. Lo confidai a mamma e a papà soltanto alle Medie, un giorno tornando da scuola.
Ovviamente mi portarono subito da un oculista che mi prescrisse l’utilizzo degli occhiali, poi sostituiti dalle lenti a contatto e in seguito da un’operazione col laser. In tutta quella fase giovanile devo aver sviluppato la capacità di sciare senza vedere bene. Sono cose che evidentemente rimangono dentro.
A Tremblant non è che avessi una visuale migliore delle altre, ma sono pronta a scommettere che la capacità di attaccare in quel modo, senza irrigidirmi come è capitato alle altre, sia dipeso anche da questo”.
Non basta più allora il casco e l’impeto sugli sci per definirla tigre, ora anche gli occhi!
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