Alle 12:30 la discesa di Wengen, quella “vera”!
Sarà spettacolo allo stato puro oggi alle 12:30, quando Matthias Mayer aprirà il sesto appuntamento con la disciplina regina. Oggi tocca al Lauberhorn vero, quello che parte dalla cima. Una delle prove più massacranti per la sua lunghezza e le difficoltà disseminate sui suoi oltre 4 chilometri.
Tutto merio di Ernst Gertsch, un geniale ex telegrafista che stava cercando di incentivare il turismo invernale del suo paese.
L’idea era quella di organizzare una grande manifestazione internazionale. Sull’esempio della cugina Mürren che aveva già fatto un grande salto di qualità sul piano turistico, grazie al Kandahar (sotto, scopri che cos’è).
Così chiese aiuto al Downhill Only Ski Club, all’associazione turistica, agli albergatori. Lo ottenne e si mise al lavoro. Dal 1930, per quarant’anni, quest’ometto piccolo, intelligente, vulcanico, sarà l’anima e il cuore del concorso del Lauberhorn di Wengen.
La pista scelta da Gertsch è ancora oggi, pur con le leggere modifiche intervenute nel tempo, un sontuoso palcoscenico della discesa. Eccolo dunque ai nostri piedi il Lauberhonrn di Wengen, un serpentone infinito di pista nobile per il primato della lunghezza. E perché, pur non essendo mai stata pista di grande difficoltà, comprende comunque diversi punti dove si balla per decine di secondi.
Detiene sempre il primato della lunghezza 4270 m e del dislivello 1028 m. tra le grandi piste del grande sci. Una maratona che succhia tutte le forze e che porta gli atleti verso il traguardo con le gambe provate come su nessun altro percorso.
“Se a Kitzbühel ti si rivolta lo stomaco – ha detto una volta Christian Ghedina, vincitore per due volte sul Lauberhorn, a Wengen ti si prosciugano le energie. Arrivi alla “Esse” finale dopo oltre due minuti di corsa. Se non sei più che preparato le gambe si rifiutano di seguirti e rischi di farti veramente male”.
I PASSAGGI CHIAVE
La caratteristica dominante resta la lunghezza con una prima parte molto veloce, l’acuto dell’Hundschopf, con la Minsch Kante a ruota ed un’ultima interessante bella sfuriata di curva e contro curva all’arrivo, dove un bravo sciatore riesce a rosicchiare tempo.
Per il resto gran sfoggio di scorrevolezza e di capacità da grandi glisseur. Quando la pista abbandona il crinale lasciandosi l’Eiger alle spalle, se ne va a cercare uno spazio angusto che si infila tra le rocce, per passare: è L’Hundschopf, testa di cane in italiano, perché ne assume le sembianze.
Un punto cruciale concentrato in un centinaio di metri dove la velocità di entrata viene accuratamente dosata dalla curva rotonda di avvicinamento all’Hundschopf. Curva che è spesso causa di grossi guai, perché sempre ghiacciata e innaturale, tanto è vero che è una delle poche curve in libera con l’apertura di punta.
A parte le possibili conseguenze di un atterraggio in piano, subito sotto c’è la Minsch Kante che attende e sancisce implacabile i lavori mal fatti. È sufficiente un errore di linea per presentarsi sullo spigolo di Minsch con gli sci ancora da girare per incorrere in grossi guai.
A titolo di cronaca è utile sapere che Jos Minsch era un campione svizzero noto oltre che per la sua bravura, anche per la sigaretta che infilava alla partenza sotto il casco per poterla avere subito a portata di mano all’arrivo.
È probabile che su questa pista sia riuscito a fumarla poche volte visto il punto commemorativo espressamente dedicato.
Bisogna riconoscere che sia l’Hundschopf e la curvona che lo precede, sia la Minsch Kante con la diagonale che la segue, non sono solo punti di spettacolo ma chiavi importanti per giungere veloci a quelle stradine, apparentemente banali, ma nella sostanza particolarmente insidiose, che portano al tunnel.
Prima di passarci sotto, bisogna superare la “Kernen S”, in nome del velocista elvetico che qui cadde brutalmente (ma nel 2003 vinse). Passaggio poco gradito da sempre al nostro Dominik Paris che proprio non riesce a trovare il modo migliore per superarlo. Vedremo come ci si arriverà oggi.
Nel tratto successivo non resta più gran cosa sul piano strettamente tecnico se non l’impegno dopo lo scorrimento della stradina e del passaggio sotto il tunnel della ferrovia, a sostenere l’alta velocità (fino a 160 km/h) all’Hanneggschuss.
Poi si affronta il Canadian Corner, altro punto diventato caratteristiche a causa di cadute ed errori. Era il 1982 quando quasi tutti i Crazy Canucks finirono in terra!
Infine la prova finale: la “S”, questa sì molto tecnica, dove una curva a destra e una controcurva a sinistra con salto (oggi per la verità molto limitato) proiettano direttamente sotto lo striscione del traguardo. È la degna conclusione da affrontare con grande sapienza tattica, della pista maratona.
Qui purtroppo il Lauberhorn ha fatto una vittima. Era 18 gennaio 1991 quando l’austriaco Gernot Reinstadler, nato a Jerzen (Tirolo), il 24 agosto 1970, si schiantò contro le reti di protezione, dove i suoi ci si incastrarono in un impatto micidiale.
Fare pronostici è un esercizio inutile. I migliori si conoscono e il duello tra Kilde e Odermatt regalerà sicuramente altre emozioni. Ma questa è una gara totalmente diversa rispetto a quella di ieri. Feuz, Mayer, Paris… Alle 12:30 la discesa Alle 12:30 la discesa