Tre fenomeni: il grafene, una delle più importanti scoperte in termini di materiali applicabili alla nanotecnologia; Giulio Cesareo, anima di Directa Plus, azienda che ha scoperto come industrializzare il grafene; Colmar, tra le prime aziende ad averne riconosciuto le proprietà e la prima ad averlo utilizzato su alcuni capi della nuova collezione.
Per mettere assieme le tre cose e costruirci una storia, siamo andati nel parco scientifico tecnologico ComoNExT a Lomazzo (CO) per intervistare colui che molti identificano come un vero e proprio genio: Giulio Cesareo. Ci aspettavamo di trovare di fronte a noi una specie di santone o quei personaggi dai capelli tutti arruffati e con lenti spesse un dito, appoggiate sul naso. Niente di tutto questo. Giulio, l’ingegner Giulio, è più smart di una city car, con lo spirito di un ventenne e l’esperienza di un senatore. Un cocktail esplosivo al quale si aggiungono due elementi base: l’intuizione e il rischio! La cravatta la indossa per gli incontri speciali. «Tra poco ho un importante incontro a Roma, vado a prenderla», e l’ambiente di lavoro sembra un grande social network: «Siamo tutti connessi, un team giovane, agile, scattante».
Assunti con colloqui fatti al bar…
In effetti i nostri colloqui sono molto particolari. Per me è l’unico momento in cui il candidato è realmente al pari dell’azienda. Io dico sempre, sei tu che devi decidere se vuoi venire con me esattamente quanto io decido se puoi venire da me. Con questo spirito Directa Plus lavora sulla totale diversità, di genere, tanti uomini quante donne, stessi stipendi, non c’è uno di loro che abbia la stessa provenienza, laureati in chimica, in fisica, di ambiente, esperti di veterinaria, di maternità e lavoriamo sul principio e sul potere del disaccordo. Non essere d’accordo su un tema è un plus! Ascoltiamo tutti, poi subentra il mio lavoro… ok, basta, abbiamo capito tutto, troviamo un canale comune. Questo ha fatto crescere l’azienda.
Quando è nata?
11 anni fa in un pub di Cleveland con una birra in mano e tre colleghi che conoscevo appena. Una storia da vera start up da garage!
Raccontiamola
Lavoravo negli States, ma un bel giorno mi son detto… sono un po’ stufo di fare le cose che mi chiedono ’sti americani. Nella mia vita voglio fare qualcosa di diverso. Così, ho chiesto un incontro a questi tre ingegneri con cui non avevo mai lavorato in vita mia. Gli ho spiegato l’idea, non perfettamente un progetto, e loro non hanno esitato un attimo: se tu lo fai, veniamo con te, mi hanno detto.
Il tutto per questa polverina magica…
Altro che magica, il grafene è un materiale straordinario, 200 volte più resistente dell’acciaio, il primo materiale a due dimensioni, il migliore conduttore al mondo, sia termico che elettrico. È flessibile, estensibile, trasparente, ma soprattutto multi disciplinare.
Da premio Nobel insomma…
Il grafene è stato teorizzato da un fisico teorico canadese (P.R. Wallace) nel 1947 e isolato nel 2004 da due scienziati russi dell’università di Manchester, Andre Geim e Konstantin Novoselov, che poi nel 2010 hanno conquistato il Nobel per la fisica. Pensa… due settimane prima che venisse consegnato il Nobel, il Patent Office americano ci dava, o meglio ci approvava il brevetto per la produzione industriale del grafene.
Quindi avevate già capito tutto?
Soprattutto il mio amico scienziato americano Robert Angelo Mercuri che ha avuto due o tre intuizioni assolutamente geniali. Non per niente lo considero un vero “maneggiatore della Scienza”, una specie di Archimede Pitagorico (quello di Walt Disney). Abbiamo messo assieme le nostre esperienze. Io vengo da studi classici, il che mi ha portato a fare una considerazione: avete presente le vetrate delle cattedrali del medioevo? Ebbene, hanno i colori che vanno dal rosso al porpora perché gli alchimisti di quei tempi riuscivano a cambiare la morfologia delle nanoparticelle d’oro. Io, che sono un ingegnere meccanico anomalo, mi sono ispirato a questo concetto: lavoriamo sulla morfologia delle particelle.
Possibile che non ci abbia mai pensato nessuno prima?
Vedi, l’alta tecnologia spesso è bellissima, specie quando è raccontata dai media. Poi arriva la fatidica domanda. Quanto costa? 50 mila dollari al grammo? Bene, grazie e arrivederci! Questo capita perché il sistema scientifico e la ricerca sofisticata guardano solo ai mercati futuri, quelli che tanto piacciono al mondo della finanza, ma che di fatto ancora non esistono. Noi, invece, abbiamo deciso fin da subito di costruire un percorso per mercati esistenti. E ci siamo buttati in quello delle gomme dove ha sempre prevalso il carbon black, con un mercato di 4/5 miliardi di dollari. Ebbene, siamo riusciti a dimostrare, con le gomme del nostro partner “Vittoria”, che una sola delle nostre particelle ottiene performance di gran lunga più elevate di dieci di Carbon.
Come ci siete arrivati?
Rendere utilizzabile il grafene a basso costo è estremamente difficile, perché ci sono migliaia di traiettorie tecnologiche. Il nostro sistema invece lo consente. Partiamo dalla grafite naturale per arrivare ai fogli di grafene, ma qual è la grande difficoltà? Il processo di trasformazione che avviene a 10 mila gradi centigradi, ovvero alla temperatura della superficie del sole. Questo è il principio, il resto è un segreto, blindatissimo da brevetti molto precisi: nessuno può usare il nostro sistema, perché anche quando scadranno, bisognerà sciogliere i percorsi cifrati che di fatto rendono totalmente misterioso il processo.
Niente di nocivo?
Assolutamente nulla! Pensa che nei nostri laboratori l’aria è più pulita rispetto a quella che respiriamo tutti i giorni. Vuoi prendere una buona boccata d’aria? Entra nella nostra officina! Scherzi a parte, il grafene è un grande conduttore, unico al mondo, certificato non tossico e non cito-tossico (vuol dire che non andiamo a toccare la cellula). La maggior parte delle aziende che produco il grafene, per staccare quei miliardi di fogli dalla grafite, usano una chimica cattivissima. Noi non usiamo niente di chimico, solo fisica!
Grafene e Colmar come si sono conosciuti?
Non dico per caso, ma quasi. Uno dei nostri conosceva Giulio Colombo. Gliene ha parlato e lui ha subito voluto un incontro. Una dimostrazione delle potenzialità del grafene è bastata per trasmettergli un entusiasmo incredibile.
Cosa gli avete proposto?
Di uniformare la temperatura all’interno del corpo. Il sistema di conduzione, in questo caso stampato, fa in modo che i punti caldi e i punti freddi vengano uniformati. Si prova un senso di benessere, perché il caldo, quando è eccessivo, si trasferisce dove c’è più freddo (e viceversa) creando una temperatura corporea uniforme. Questo perché il grafene è un conduttore straordinario, senza contare che tra le sue proprietà è anche totalmente batteriostatico.
Praticamente è un sistema termoregolatore?
Per rendere meglio il concetto: se appoggi un foglio di rame sul petto e ti esponi al sole, cosa succede? Il foglio trasmette, in quanto conduttore, il calore al tuo corpo. Se invece stai al freddo, il foglio assorbe il calore del tuo corpo e lo porta in una zona più fredda. Questo è ciò che accade col grafene che viene stampato all’interno della giacca con questo disegno esagonale.
E le tute da gara francesi?
In questo caso avviene l’opposto. Abbiamo messo il grafene all’esterno, non abbiamo ragionato sulla parte termica, ma solo sulla capacità tribologica (scienza che studia l’interazione tra superfici). Nel rispetto della normativa Fis, l’aria, soprattutto quella più umida, scivola più facilmente. Il vantaggio in termini di tempo cominciano ad essere interessanti nelle prove di velocità. In particolare dove ci sono lunghi rettifili.
In effetti, nelle ultime gare, i francesi hanno fatto faville!
Devo essere sincero, da italiano un po’ mi ruga! Scherzi a parte, siamo molto contenti dei risultati. Ma onore a Colmar perché non è facile trovare un imprenditore che ha un marchio di successo, addirittura di leadership, che abbia voglia di giocare partite, come dire, che possono nascondere situazioni rischiose, nonché investimenti.
Lavorate in esclusiva con Colmar?
Abbiamo l’esclusiva per quanto riguarda le tute da discesa e un gentleman agreement di lasciare loro un vantaggio competitivo temporale per quanto riguarda l’abbigliamento da sci.
Qual è il tragitto che compie il grafene per finire sulla giacca?
La filiera è così, produciamo la polvere, poi la diamo agli ausiliari chimici che lo stampano e lo mettono sul tessuto, quindi il tutto entra in casa Colmar per la confezione.
In questo iter qualcosa può andare storto?
Noi abbiamo l’intero controllo della filiera, ci mancherebbe. Basta che un passaggio subisca un errore e tutto il lavoro diventa inutile. Con ogni attore firmiamo accordi di produzione ben precisi. Con questi materiali così innovativi non si possono commettere errori
Il trattamento prevede costi elevati?
I benefici che porta valgono senza dubbio il costo aggiuntivo che fortunatamente è molto ridotto per la lavorazione che necessita.
E quanti grammi ci sono in questa giacca?
Questo non te lo posso dire! Ma non ce ne sono tanti, proprio perché il materiale ha proprietà così eccezionali che ne basta pochissimo per raggiungere lo scopo.
Vedo che sta mettendo mano alla cravatta. Deve andare?
Stai mettendo e devi andare, dammi del tu. Già, è ora, ma le mie efficientissime collaboratrici ti accompagneranno nei laboratori, così tutto sarà molto più chiaro.
Usciamo nel cortile della ComoNExT e ci troviamo dinnanzi all’imperiosa porta d’ingresso di un edificio ben ristrutturato, ma che ha saputo mantenere lo stile monumentalista del Novecento. Entriamo con somma curiosità. In fondo a un lungo corridoio, sul muro frontale, un gigantesco murales recita così “Senza coraggio non si inizia il viaggio”. Un tecnico piuttosto giovane, circondato da computer, lo guarda spesso. Ci avviciniamo alle porte stagne dei box (ne abbiamo contate 12) dove avviene il processo di trasformazione dalla grafite al grafene. Poi, quando l’occhio allunga la vista per vedere cosa accade al di là del vetro, scopriamo che…
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