Hubert Rabensteiner è ll meccanico di Shiffrin, Gut, Kriechmayr… di tantissimi atleti cui fa scarpetta, plantari, adattamenti agli scafi, protezioni… Uno di quegli uomini un po’ invisibili che per molti agonisti top risultano fondamentali per la la loro carriera. Ninna Quario lo ha intervistato.
Hubert Rabensteiner con Lara Gut
Buongiorno Hubert. Può presentarsi per i lettori di Sciare?
Ho 50 anni e sono di Varna, un paese a nord di Bressanone. Quando avevo 23 anni ho iniziato a lavorare come calzolaio e per l’azienda Strolz mi sono specializzato nella realizzazione di modelli su misura per gli sciatori professionisti. Gli scarponi Strolz sono le limousine della neve.
Chi erano i suoi clienti?
Erano maestri e agonisti, soprattutto master. Fra il 1993 e il 1998 la voce si è sparsa e hanno cominciato ad arrivare anche atleti più giovani, ricordo un Dominik Paris ragazzino…
In quel periodo ho cominciato anche a fare solette, il cui grande problema in quel periodo era lo spessore: troppo alto, visto che cominciavano a svilupparsi anche le piastre e i rialzi, con i quali era difficile stare nelle misure regolamentari.
Così ho provato a fare solette in carbonio, spesse un millimetro sotto il tallone. Un gran successo, i master ne erano entusiasti, così me ne sono messe in tasca due paia e a dicembre sono andato in Alta Badia.
A vedere il gigante della Gran Risa?
Certo, ma non solo. Volevo farle provare a qualche atleta. Mia moglie disse che ero un pazzo e in effetti aveva ragione, perché non c’era modo di avvicinare un atleta di Coppa del Mondo senza avere un contatto.
A darmi una mano fu Robert Brunner, che in quegli anni lavorava con la squadra austriaca. Mi presentò Hans Knauss e Benni Raich, ma il primo vero appuntamento fu fissato a Kitzbühel con Fritz Strobl e Hannes Trinkl.
Robert Brunner con Hans Knauss. Fu il baffo altoatesino che diede il là alla collaborazione tra Hubert e gli atleti di Coppa
Ho fatto solette per loro e i risultati sono arrivati subito: solette più fini uguale rialzi più alti e inclinazioni maggiori.
Cominciò così la collaborazione con varie ditte di scarponi, Salomon e Atomic su tutte. Ora i budget si sono ridotti, e se all’inizio erano le ditte a pagare il mio lavoro, andando avanti il conto lo davo direttamente agli atleti.
Faceva pagare gli atleti?
Da me devono pagare tutti, se no i miei figli non mangiano! Ricordo ancora il primo lavoro fatto per Strobl: il suo manager pensava di non dover pagare, ma io gli feci subito capire il mio punto di vista. Lui tira su gli sci e ne mostra il marchio, ma le mie solette chi le vede? Io ti do una mano a vincere, tu mi devi pagare.
E dopo il successo con le solette cosa ha inventato di nuovo?
Nell’estate del 2004 Denise Karbon si infortunò gravemente alla gamba sinistra, un anno dopo aveva ancora problemi a rimettere lo scarpone, venne da me e le feci un calco in carbonio perché la gamba non toccasse lo scafo.
La forma di questa protezione era simile a quelle che oggi si usano sugli avambracci e quando Denise andò a sciare in Val Gardena qualcuno vide quel guscio e pensò appunto di usarlo per proteggersi gli avambracci dalle botte contro i pali.
Hubert Rabansteiner con Vincent Kriechmayr
Arrivarono nuovi clienti?
Come no! Lindsey Vonn, Erik Guay, Marlies Schild, Benni Raich, Michaela Kirchgasser… La Vonn usava le protezioni con sopra il logo del mio negozio e la federazione Usa mi chiese dei soldi per lo sfruttamento dell’immagine.
Con una giovanissima Mikaela Shiffrin
Risposi no grazie, non potevo permettermelo. È stato allora che si è fatta avanti la ditta Leki proponendomi di realizzare quel prodotto per loro e in particolare per una giovane promessa, la sedicenne Mikaela Shiffrin. Ancora oggi lavoro per Leki, faccio calchi in gesso specifici e tridimensionali per ogni loro atleta. Ognuno ha il suo.
Fa servizio a domicilio o gli atleti vengono nel suo negozio a Bressanone?
Entrambe le cose. A volte gli atleti arrivano qui, altre vado io da loro, dove si trovano ad allenarsi.
Assieme a Luca De Aliprandini e Giovanni Borsotti
Fra tutti gli atleti che ha conosciuto ce n’è uno che l’ha colpita in modo particolare?
Ogni atleta è simpatico e interessante a modo suo, la determinazione e la volontà sono doti che ho trovato in tutti quelli che ho conosciuto.
Ma se devo nominarne uno dico Bode Miller, professionale e determinato come pochi.
Voleva vincere a tutti i costi e per farlo voleva che ogni dettaglio della sua attrezzatura fosse curato per offrire la massima performance. Agli appuntamenti però mandava spesso il suo braccio destro, perché lui voleva concentrarsi solo sul suo lavoro, allenamento o gara che fosse.
Bode Miller e Travis Ganong
Ricorda qualche aneddoto divertente?
Ve ne racconto due. L’appuntamento con Fritz Strobl per fare i nuovi plantari era fissato ad agosto vicino a Innsbruck, davanti a un negozio. C’erano 40 gradi. Lui arrivò in bermuda e cominciammo a lavorare sugli scarponi in un parcheggio. Si radunarono attorno a noi una cinquantina di persone, ci presero forse per matti!
Protezioni Leki personalizzate per Mikaela e per Lindsey (Vonn) e un modello a marchio Schubert
Il secondo?
Con Lizzy Goergl, appuntamento in un pub a Innsbruck. Dovevo farle un calco delle mani per una protezione da mettere sugli avambracci. Lei voleva appartarsi portandomi nelle toilette, alla fine per fortuna ci diedero le chiavi di una camera e lavorammo tranquilli per una mezz’ora, ma non appoggiandoci a un wc!
Chi sono oggi i suoi migliori clienti?
Sono sciatori, sono sci alpinisti. Continuo a fare scarponi su misura, perché chi ha problemi ai piedi non può farne a meno. Lavoro molto anche con i ciclisti, per loro scarpe e solette sono fondamentali, perché il collegamento fra piede e pedale della bicicletta è fondamentale tanto quanto quello fra piede e sci. Hubert Rabensteiner ll meccanico Hubert Rabensteiner ll meccanico