Quando chiudono gli impianti e la neve inizia a sciogliersi, noi mettiamo gli sci in cantina, ma per qualcuno scatta l’alta stagione, una stagione che non finisce mai. È quella dei controlli e della manutenzione: un periodo fondamentale perché le nostre giornate sulla neve non solo siano sicure, ma anche più… comode.
Per ANEF (Associazione Nazionale Esercenti Funiviari) è importante sottolineare quanto la vita di chi lavora nelle stazioni sciistiche muti con le stagioni. La primavera è la stagione più delicata. Ci sono revisioni speciali ogni cinque anni. Poi c’è la revisione generale, un check up completo di ogni singolo segmento che, negli impianti in funzione dopo il 2005, è ogni 20 anni. Negli altri dopo il primo «tagliando» a 20 anni, la cadenza è decennale. Ogni impianto ha un suo manuale di manutenzione stilato dal costruttore secondo alcuni parametri: pulegge da controllare, cuscinetti da ingrassare, morsetti da testare. «La manutenzione ordinaria – spiega Danilo Chatrian, vicepresidente ANEF e Ceo di Courmayeur Mont Blanc funivie – prevede un lavoro annuale e costante».
Una stagione che non finisce mai
Così sulle Alpi, al sole della primavera, il lavoro non manca mai: «Sono diverse le aree di azione, fra terreno, mezzi battipista, impianti di risalita, bacini di accumulo acqua e sistema di innevamento», aggiunge Stefano Lucchini, consigliere ANEF e direttore generale Maniva Ski. Con tre quarti del personale stagionale, le località più grosse riescono a gestirsi da sole, le altre ricorrono anche a ditte specializzate. «Sulle piste – spiega Lucchini – si controlla il terreno, verificando che i canali di scolo funzionino e che la vegetazione non invada la sede di pista».
Un terreno troppo sconnesso e «scabroso» significa che servirà più neve anche artificiale per divenire docile sotto le lamine. Grande anche il lavoro sulle reti: quelle di tipo A, «le fisse», vengono costantemente monitorate, quelle mobili (le B e C) vengono ripiegate per evitare che il sole le ammalori. Via anche i materassi, in restyling tapis roulant e tappetini scorrevoli delle seggiovie, con attenzione speciale all’usura delle parti in gomma.
Gli impianti di innevamento
L’impianto di innevamento, invece, è un po’ come certi impianti domestici: «Meno li si usa, più c’è il rischio che qualcosa si inceppi all’accensione», spiega Chatrian. Compressori e cannoni hanno costi importanti, anche 30mila euro l’uno. Importante è stiparli quando si può. Si rimuove ogni singola valvola e ogni ugello per visionarlo e sostituirlo se usurato. Si abbassano e revisionano in loco le grandi aste spara neve, così come la cartellonistica. Anche il bacino di accumulo, dove esiste, viene «ispezionato», di solito a fine inverno quando si svuota e se ne può dragare meglio il fondo: «Si controllano anche cartelloni, protezione e che il telo sia in buone condizione, non perforato da ghiaccio e troppa neve», spiega ancora Lucchini.
Il lavoro più delicato è quello sulle funi degli impianti, «radiografate» per scovare anche il minimo cedimento anche il più semplice impianto biposto può sfiorare i due milioni di euro. La tecnologia oggi dà una grossa mano: «Da questa primavera c’è uno step ulteriore – aggiunge Chatrian – si va verso la tracciabilità dell’impianto attraverso un nuovo tipo di registro che immagazzina dati sulla vita e il funzionamento degli impianti». La filosofia del futuro, infatti, è quella di un telecontrollo: «Avere cioè un supporto in remoto per l’assistenza che si integri perfettamente con l’azione dei nostri uomini sul campo».
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